Proprio qualche giorno fa mi è capitato di leggere la distinzione che Pirandello faceva tra comicità e umorismo. Vi riporto il testo di seguito.
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. “Avverto” che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto un “avvertimento del contrario”.
Luigi Pirandello
Interessante notare quindi che per esempio, che una situazione risulterà tanto più comica, quanto maggiore sarà forte dentro di noi il senso di ciò che dovrebbe essere, di ciò che è giusto, di ciò che è normale, etc. Questo perché più esso sarà forte e intenso, più di conseguenza forte e intenso sarà avvertito il suo contrario, e quindi la comicità in ciò che si sta osservando.
“Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s’inganna che, parata così, nascondendo le rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico.!”
Luigi Pirandello
Tutt’altro sapore ha quindi l’umorismo. E stando così le cose:
[…] non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere adesso ci farà tutt’al più sorridere.”
Luigi Pirandello
Ci tengo a sottolineare il “tutt’al più“.
E quando ci si trova a giudicare gli altri? Quando ci si trova a dire per esempio:
- “Mi fa schifo quella persona!”
- “Mi fa schifo la falsità delle persone!”
- “Proprio non sopporto quando uno si comporta così!”
Non voglio ora stare a spiegare che
tutto ciò che notiamo negli altri è in realtà tutta roba nostra che l’altro potrebbe benissimo neanche avere in lui o essere come lo riteniamo, vorrei invece portare l’attenzione sulla riflessione. Se solo anche in questi casi degli esempi citati sopra, e più in generale in tutti quelli in cui ci troviamo ad accusare “gli altri”, se in questi casi, come nell’umorismo, scattasse in noi la riflessione che lavora in noi e comprendessimo anche in minima parte ciò che muove l’altra persona a comportarsi in una certa maniera piuttosto che in un’altra, a dire una bugia anziché la verità, se solo riflettessimo un’attimo per cogliere cosa c’è dietro che
è più forte di lui e che lo spinge a tali comportamenti che proprio non accettiamo (in loro?), potrebbe sorgere in noi
tutt’al più solo un leggero fastidio anziché chissà quale reazione o tumulto interiore.
Lascia pure il tuo commento, mi fa piacere sapere cosa ne pensi, grazie!
Michele è interessante leggere come hai collegato lo scritto di Pirandello con un argomento spinoso per molti come quello del giudizio.E’ un sentimento verso il quale tante persone lottano.Credo però che creare resistenza con la lotta non andando a capire quali sentimenti ci muove non sia utile.Proprio per questo la tua proposta della riflessione ci può aiutare a non rigettare immendiatamente quello che sentiamo,finendo così nel giudicare anche noi stessi, ma con la calma attenuare l’impeto del momento.Sarà già un passo avanti.
Colgo l’occasione per dirti che ti ho dato un premio per il tuo blog,lo puoi leggere nel mio ultimo post (http://ilarianenzicounselor.blogspot.it/2012/03/la-condivisione.html ) e spero ti faccia piacere 🙂
Una buona giornata
Ilaria
Ciao Ilaria, ti ringrazio di cuore per il premio al blog, è davvero bello quello che hai scritto sulla condivisione, riguardo il mio blog e anche tutto ciò che scrivi sul tuo blog che seguo 🙂
Ti ringrazio anche per il tuo commento, da cui traggo spunti per aggiungere qualche precisazione sul mio pensiero a riguardo.
Mi trovi pienamente d’accordo sull’importanza fondamentale di andare a capire quali sentimenti ci muovono. Senza una comprensione profonda di ciò che ci muove, nulla può essere cambiato o ri-solto.
La sola lotta o resistenza non sono infatti utili di per se a cambiare alcunché interiormente verso la direzione della felicità e in linea generale non le consiglio (anche se ci sono delle eccezioni in cui ora non mi addentro, il cui scopo non è però quello di cambiare qualcosa esteriormente ma di far emergere e far crescere interiormente ciò che che altrimenti facciamo difficoltà a vedere e comprendere…pratiche delicate e neanche strettamente necessarie, in cui è bene essere seguiti da chi sa bene cosa stia facendo).
Ciò che con questo post vorrei stuzzicare come hai ben colto, è proprio la riflessione senza fermarci come invece a volte si tende a fare, solo in superficie. Cercando la riflessione dentro di noi, siamo costretti a scavare un po’ più a fondo e, credendo di comprendere chi ci troviamo davanti, ci ritroviamo in realtà a comprendere e conoscere di più noi stessi (sarebbe però importante saperlo :D), poiché tutte le ipotesi e giustificazioni che ci ritroveremmo a proiettare sull’altro sono in realtà tutte nate da dentro di noi e solo a noi appartengono (questa è l’unica certezza).
Trovo ad esempio molto interessante ascoltare le motivazioni delle persone quando ognuno dice secondo lui perché una certa persona (che può essere il governo o il vicino di casa) avrebbe fatto una certa cosa. Spesso ognuno ha un perché diverso e tutti magari sono certi della loro versione, del loro perché. Dicono davvero molto questi perché se li si sa ascoltare (ma non parlano della persona oggetto della discussione).
In questo percorso di riflessione, ci si potrebbe trovare a scoprire che ciò che non accettavamo proprio negli altri è ciò che non accettiamo e non perdoniamo a noi stessi, ciò che abbiamo scelto di non vedere in noi stessi, buttandolo dietro, nella nostra ombra.
Una volta divenuti consapevoli di tutto questo, bisogna stare attenti a non cadere nell’errore di giudicarsi, ma prendere le distanze dai meccanismi mentali attuali, che sono solo degli schemi, delle programmazioni che non fanno certo parte della nostra identità, noi siamo ben altro. La chiave per non cadere quindi nel giudizio di se (e degli altri) con conseguenti sensi di colpa o chissà cos’altro, è la disidentificazione da tutto ciò, dalla propria programmazione mentale.
Ti auguro una bellissima serata e grazie ancora Ilaria 🙂
Michele